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Trekking sull’Epomeo: la vista dall’Olimpo dell’isola
Fare trekking a Ischia vuol dire immergersi in un contesto plasmato dalla natura e dall’uomo che, passo dopo passo, consente di apprezzare l’eterna ricchezza dell’isola verde
Raccontare Ischia richiederebbe infinite pagine, tante sono le bellezze e le attrazioni capaci di appagare qualsiasi tipo di viaggiatore. È definita “Isola verde” per la sua rigogliosa vegetazione, è meta di turismo balneare per il suo mare cristallino e, fin dall’antichità, è apprezzata in tutto il mondo per le sue portentose fonti termali e le fumarole, spettacolari bocche che esalano vapore bollente nei pressi di Forio, Lacco Ameno, Sant’Angelo e sul cratere del Rotaro.
Per gli appassionati di cibo e vino, poi, la tavola ischiana offre una grande varietà di prodotti tipici e specialità della gastronomia napoletana che si accompagnano a vini autoctoni diventati leggendari per la loro qualità e per l’eroicità della viticoltura: è solo la fatica e la passione dei vignaioli locali, infatti, che permette di vendemmiare su terreni impervi e spesso a picco sul mare.
In questo articolo parliamo di:
Trekking a Ischia: passeggiata sul Monte Epomeo
Ischia è anche una perfetta isola per fare trekking e i suoi percorsi sono molto più che semplici passeggiate all’aria aperta, rappresentando un viaggio nel tempo. La morfologia del territorio, infatti, racconta tanto di intense attività vulcaniche che di vicende storiche che, congiuntamente, hanno prodotto ciò che vediamo oggi.
Non si deve dimenticare che Ischia è stata luogo di eruzioni violente e colate laviche, sprofondamenti in mare e altrettanti emersioni dalle acque, come quella che 33mila anni fa ha dato origine al Monte Epomeo, la cui vetta più alta è di 787 metri slm. Proprio l’Olimpo dell’Isola d’Ischia, offre diversi percorsi di interesse che conducono verso la sommità e per i quali ci si può affidare (noi lo consigliamo) a guide esperte per farsi raccontare tutti i segreti più nascosti.
Di solito per il trekking a Ischia si parte da Sant’Angelo, Panza o Forio. Dalla campagna di Contrada Pantano a Bocca di Serra, fino alla zona della Falanga, il paesaggio è di quelli che non si dimenticano, per varietà e bellezza. Qui natura, storia e civiltà si sono mescolati come fossero i colori di un pittore e hanno prodotto uno spettacolo che coinvolge testa e cuore.
Si alternano la vegetazione tipica della macchia mediterranea e le distese di roccia vulcanica e tufo verde, le minacciose fumarole e i curatissimi vigneti delimitati dalle parracine, dai boschi di castagni si passa a terrazze panoramiche sul mare turchese che fanno emozionare.
Il trekking ischitano alla scoperta di antiche civiltà
Le vestigia di antiche civiltà, si palesano con costruzioni in pietra di tufo come quella che si trova nella zona della Falanga e su cui è stata incisa la data 1666. I contadini l’avevano realizzata a mano, scolpendo la roccia, e al suo interno si possono notare un focolare e delle mensole come piani di appoggio per materiali e lampade. Nel Cinquecento, i contadini la utilizzavano come rifugio per proteggersi dalle incursioni dei Saraceni ma anche come deposito di prodotti della terra.
Eremo di San Nicola a Ischia
In cima all’Epomeo si trova l’Eremo di San Nicola, una chiesetta di origini quattrocentesche scavata interamente nel tufo e con un tipico campanile a vela. L’eremo è chiuso tutto l’anno mentre qualche qualche volta si può visitare la chiesa che il 6 dicembre, giorno di San Nicola, ospita una cerimonia religiosa. Da questa posizione si vedono Capri, Cuma, Ventotene e Ponza.
Le parole di Erri De Luca
Ischia ha incantato celebri personaggi della letteratura, da Stendhal a Ibsen, da Visconti a Truman Capote fino al più recente Erri De Luca che ha dedicato tante pagine all’isola napoletana. Vogliamo ricordare un passo che racconta proprio dell’Epomeo.
«È stato l’Epomeo a mettermi le montagne dentro i sonni. Ho cominciato a scalarle tardi, intorno ai trent’anni suonati, e da allora molte cime sono passate sotto le dita e non mi fermerò finchè non mi fermeranno loro. Ovunque sulle pareti vuote e gigantesche sono stato uno di passaggio, svelto a togliere il peso dei miei passi da loro, l’ingombro della mia ombra.
Solo sull’Epomeo no, solo lassù ho saputo d’essere un residente in terra, prolunga del suolo della cima come un ramo su un albero, un’onda sullo scoglio. Così montagne e mari tropicali erano alla portata di bambini selvatici d’estate sopra l’isola maestra che srotolava il mondo avanti agli occhi e ognuno poteva annusare l’anticipo del suo destino».